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Qual è l’origine della parola cappuccino e altre curiosità sul caffè

By Novembre 29, 2017No Comments

Sappiamo molte cose a proposito del caffè: conosciamo i luoghi dove viene prodotto, le qualità che preferiamo, le alternative locali come, per esempio, il cortado argentino. Ma siamo sicuri di sapere proprio tutto a proposito dell’amatissima bevanda che ci accompagna tutti i giorni dal risveglio?

Per esempio, non tutti sono a conoscenza di quale sia l’origine della parola cappuccino o della parola espresso, perché Bach o Goldoni lo amassero tanto o qual è l’ora migliore per consumarlo. Non c’è da disperare, recuperiamo subito svelando queste e altre curiosità sul caffè che molto probabilmente molti non sanno!

Sei curiosità sul caffè: dal cappuccino all’ora esatta

Perché il caffè si chiama così?

Cafè, coffee, kaffee. Scorrendo le traduzioni della parola caffè nelle principali lingue europee appare chiaro che esiste una comune radice che ha origine intorno all’anno Mille. Infatti, si narra che alcuni mercanti turchi esportarono dal Corno d’Africa, e in particolare da una regione che corrisponde più o meno all’odierna Etiopia, i chicchi di una pianta da cui preparavano una bevanda energizzante. La chiamavano, nella lingua locale, “qahwa” che significa, letteralmente, “che non permette di addormentarsi”. Termine tradotto poi in turco in “kahve” da cui il nostro “caffè” italiano e tutte le varianti europee.

Origine della parola “cappuccino”

Il cappuccino, invece, ha origine come parola proprio dall’italiano. Anche in questo caso la reale etimologia è avvolta nella leggenda. Pare, infatti, che il caffè con la schiuma di latte sia stato inventato da un frate cappuccino, Marco d’Aviano, nel 1683 a Vienna.

Un’altra variante della storia tramanda che l’anno di apertura del primo Caffè nella capitale austriaca il frate italiano arrivò alla corte dell’imperatore Leopoldo I con il tipico cappo marrone chiaro. Al che, per gli austriaci, fu impossibile non associare il colore della veste con la bevanda d’origine italiana e, di qui, il nome cappuccino.

Una terza versione, infine, è quella secondo cui il nome del cappuccino derivi dall’effetto del bianco del latte con attorno il marrone del caffè. Anche a voi ricorda la testa calva circondata da un anello di capelli tipica dei frati cappuccini? Se la risposta è sì, avete trovato la vostra versione preferita dell’origine della parola cappuccino.

Espresso, una questione di velocità

Il nome espresso rimanda chiaramente ad una questione di tempistiche e, in un certo modo, di fretta, ma a cosa vuol fare riferimento? Per preparare il caffè è necessario mette in infusione la polvere sotto pressione, a differenza di altre bevande come il tè per fare un esempio. Questo procedimento si è affermato non per ottenere una tazzina molto densa, ma per accelerare i tempi della preparazione, da cui l’etichetta “espresso” per indicare il caffè preparato velocemente.

L’ora perfetta per il caffè? Risponde la scienza

Sfatato il mito che bere il caffè di sera porti all’insonnia, in molti restano convinti che ogni momento è quello giusto per una tazzina di espresso, macchiato o cappuccino. In realtà non è proprio così. Infatti, alcuni studi neuroscientifici hanno provato a calcolare l’ora perfetta per trarre il maggior numero di benefici possibili. I risultati sono concordi: il momento ideale per bere il caffè è la mattina, tra le 9.30 e le 11.30.

Una passione condivisa con gli animali

Che il caffè piaccia in tutto il mondo non è una novità, quello che può sorprendere, invece, è che anche gli animali non disdegnano i chicchi dell’oro nero. Tra i più ghiotti non possiamo non menzionare gli elefanti che mangiano volentieri le bacche di caffè. Un’abitudine che si è trasformata anche in un’opportunità: i chicchi, infatti, si mantengono infatti nel processo digerente dell’animale e vengono poi raccolti dallo sterco. Così nasce il Black Ivory, un caffè morbido e cremoso, tra i più cari e apprezzati in tutto il mondo.

Un procedimento simile è quello che ci consente di assaggiare il Kopi Luwak, caffè tipico indonesiano prodotto dalle bacche, mangiate, digerite e defecate dallo zibetto comune delle palme, un simpatico animaletto che vive nell’Asia sud-orientale. Chi ha assaggiato questa qualità di caffè assicura che è meno amaro rispetto a quello a cui siamo abituati e ha un piacevole retrogusto al cioccolato.

Il caffè nell’arte

Chi ama il caffè non resterà stupito per il fatto che, nel corso della storia, si è trasformato anche in musa per artisti, musicisti e scrittori. L’esempio probabilmente più celebre è la commedia di Carlo Goldoni “La bottega del caffè”, composta nel 1750: racconta le vicende dell’operoso caffettiere Ridolfo, del giovane mercante di stoffe Eugenio, dell’ambiguo don Marzio, del finto nobile Flaminio. Un dedalo di personaggi che si muove nella Venezia del Carnevale e gira attorno alla Bottega del caffè di Ridolfo.

Altrettanto celebri sono alcune rappresentazioni pittoriche della ritualità del caffè. Pensiamo a “La fine della colazione” di Auguste Renoir, a “La coppia seduta al Caffè” di Eduard Manet e molte altre opere di Van Gogh, Munch, Boldini. Meno nota, invece, è la “Kaffeekantate” di Johann Sebastian Bach: una cantata con libretto di Picander che narra la vicenda di una giovane donna che beveva talmente tanto caffè che il padre, preoccupato per la sua dote, minacciò di negarle il matrimonio se non riduceva le dosi. La ragazza allora, fattasi furba, accettò la condizione del padre, non senza aver inserito nel contratto prematrimoniale una clausola singolare: da sposata avrebbe potuto bere tutto il caffè che avrebbe voluto.

Lessico del caffè a Trieste

Se siete ormai convinti di averle sentite tutto a proposito del caffè, dall’origine della parola cappuccino alle qualità frutto della golosità degli animali, potreste soprendervi ancora a scoprire una peculiarità tutta italiana.

Infatti, solo chi ha avuto modo di visitare la città di Trieste almeno una volta nella vita avrà potuto notare come nei bar locali esista un lessico alternativo per ordinare il caffè. Prima ancora di soffermarci sulla differenza tra “nero” e “capo”, è importante sapere che il bicchiere di vetro è generalmente preferito alla tazzina. C’è chi, a proposito, trova origine di questa usanza nei costumi dell’impero austro-ungarico. Altri sostengono, invece, che l’abitudine derivi dalle cosiddette “Sessolote”, ovvero le donne che mondavano con le sessole, appunto, il caffè che arrivava al porto di Trieste tra l’Ottocento e il Novecento. Pare, infatti, che usassero il bicchiere per scaldarsi le mani e da lì si è mantenuta la preferenza per questa soluzione.

Veniamo ora ad un vero e proprio piccolo dizionario del caffè triestino:

  • Nero, ovvero un caffè espresso in tazzina.
  • Nero in B, caffè espresso in bicchiere.
  • Deca, caffè espresso decaffeinato in tazzina.
  • Deca in B, caffè espresso decaffeinato in bicchiere.
  • Capo, caffè espresso macchiato in tazzina.
  • Capo in B, caffè espresso macchiato in bicchiere.
  • Capo in B tanta, caffè espresso macchiato con tanta schiuma.
  • Capo in B tanta special, caffè espresso macchiato con tanta schiuma e spolverata di cacao.
  • Capo deca, caffè espresso decaffeinato macchiato in tazzina.
  • Capo deca in B, caffè espresso decaffeinato macchiato in bicchiere.
  • Gocciato, caffè con una goccia di schiuma di latte.
  • Caffellatte, ovvero il cappuccino.

Se vi gira la testa è normale, ma quello che è altrettanto probabile è che ora siano molte le curiosità sul caffè che potrete sfoggiare la prossima volta in cui vi troverete a condividere un caffè con gli amici. Conoscevate l’origine della parola cappuccino?